EDITORIALE

 

L’Arte ci riguarda.

 

Vede prima, vede attraverso, traccia i pensieri informi della società.

Le arti contemporanee – non solo quella visiva, la fotografia, il cinema, ma anche la letteratura, la musica, le arti performative, l’architettura – disegnano in nostro tempo mentre lo viviamo.

E se poi è grande, il suo messaggio vale per sempre, perché l’Umanità – purtroppo? per fortuna? – è sempre la stessa.

 

È anche con lo spirito di chi cerca di comprendere meglio, che consideriamo importante TELESCOPE, la nostra newsletter settimanale dedicata ai progetti di cui siamo portavoce.

Il pensiero degli artisti, le riflessioni di critici e giornalisti, i video e le news dedicate ad aspetti particolari di mostre e progetti, sono il modo che abbiamo per offrire una lettura dei nostri tempi, attraverso la cultura che produce.

 

Perché l’Arte guarda avanti e vede meglio degli altri.

 

In questa ventiseiesima edizione di TELESCOPE nella sezione RACCONTI troviamo Atto Belloli Ardessi, Direttore Artistico di FuturDome – Milano, con un approfondimento sulle opere di Lea Porsager; Chiara Gatti, critica – curatrice e firma di Repubblica – ci offre una riflessione sulle opere di Fabrizio Dusi esposte al Museo Civico delle Cappuccine di Bagnacavallo; l’artista e attivista Teresa Antignani – la cui prima mostra personale è in corso alla Galleria Lorenzo Vatalaro di Milano – si sofferma sul dramma sociale, ecologico, umano della Terra dei Fuochi.

La parte dedicata ai VIDEO comprende una clip dedicata alla mostra di Jacopo Benassi. Vuoto in corso al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, e un estratto dal video Ricordo di un dolore dei MASBEDO, parte della mostra Ti Bergamo appena inaugurata alla GAMeC di Bergamo.

Negli EXTRA troviamo i laboratori della Fondazione Arnaldo Pomodoro realizzati con il Metodo Bruno Munari®; un ritratto dell’artista Robert Breer, la cui prima retrospettiva in Italia è in corso alla Fondazione Antonio Delle Nogare di Bolzano; e Bodies Beyond Straight Composition... La Società degli Amici di Lorenza Böttner, una lecture performance di Viktor Neumann sul lavoro di Lorenza Böttner, parte del programma di CONTINUUM, weekend di eventi a ingresso libero (10 e 11 ottobre) che le OGR - Officine Grandi Riparazioni di Torino offrono in occasione del terzo anniversario dell’apertura.

 

Vi ricordiamo che l’archivio di tutte le edizioni di TELESCOPE è disponibile su www.larafacco.com

 

Buona lettura!

 

Lo staff di Lara Facco P&C

#TeamLara

 

Lara Facco

Francesca Battello, Camilla Capponi, Barbara Garatti, Marta Pedroli,

Claudia Santrolli, Denise Solenghi

 

con la collaborazione di Annalisa Inzana

 

domenica 4 ottobre 2020

 


RACCONTI

 

 

Lea Porsager | ATU XIV ‘ART’, di Atto Belloli Ardessi

 

Nell’aprile 2020 Lea Porsager avrebbe dovuto inaugurare il percorso monografico Horny Vacuum-Pulsations and Appetites relazionandosi con i 7 livelli espositivi di FuturDome. L’improvvisa pandemia ha impedito lo sviluppo delle sette Fasi Alchemiche (Calcinazione, Dissoluzione, Separazione, Connessione, Fermentazione, Distillazione e Coagulazione) immaginate per gli spazi che ospitarono negli Anni Quaranta gli ultimi Futuristi.

Il 9 settembre, in omaggio al vuoto e alle assenze lasciate dalla pandemia a Milano, Lea ha rimodulato l’intervento in un percorso iniziatico su tre livelli, aventi come fulcro un’installazione creata per FuturDome. Il titolo dell'opera, ATU XIV ‘ART’, fa riferimento ai Tarocchi di Thoth dell'occultista Aleister Crowley e a una delle sue carte XIV L'Arte, che rappresenta uno stato di equilibrio ma anche di cambiamento alchemico, la capacità di risolvere e combinare, di trasformare qualcosa di semplice in qualcosa di prezioso ma instabile. ATU XIV ‘ART’ è un’opera monumentale che sfida la statica di FuturDome: quattordici puntelli di acciaio usati per le fondamenta di ponti e grattacieli, con un peso di circa 500 kg, si scontrano con le fragili pareti in cartongesso dell’edificio. Il gesso, elemento basilare per la costruzione della pietra filosofale alchemica, subisce una sublimazione per poi oltrepassare i tre stadi di purificazione necessari a liberare la materia pura da quella impura. I puntelli sono sperimentatori di forze occulte, provocatori instabili di eventi disallineati.

Con il termine antagonismo, nella terminologia farmacologica legata all’uso di sostanze psicoattive, ci si riferisce a un'interazione che porta alla perdita di effetto una sostanza: l’opera di Porsager si allinea al processo di “guarigione” che ha subito l’edificio, come una sorta di antagonista, di antidoto.

Accanto ad ATU XIV ‘ART’, THE ANATTA EXPERIMENT, un film girato dall’artista nel 2012 ad Ascona per dOCUMENTA (13), accompagnato dalla proiezione di scene inedite e da un’istallazione site specific nei seminterrati. THE ANATTA EXPERIMENT ruota intorno al Monte Verità ad Ascona, in Svizzera, che all'inizio del Novecento è stato luogo di ribellione spirituale che ha attirato anarchici, sostenitori dell'amore libero, dadaisti, teosofi, psicoanalisti e occultisti, che rifiutavano la società materialista.

Alla fine dell'estate 2011, sette amici sono stati invitati da Porsager a Casa Anatta – edificio principale del Monte Verità – negli ultimi giorni prima di un importante restauro. Casa Anatta è diventata teatro di una settimana di "caduta verticale" nelle leggi tantriche, che ha trovato il suo riferimento nell'archivio di Harald Szeemann e nella sconcertante Strukturmutter del 1978. Oscurato e distaccato dalle sue fonti, l'Esperimento Anatta è diventato qualcosa di autonomo: un'eco di concetti teosofici, speculazioni dadaistiche ed esperienze vissute, spasmi d'avanguardia, trasformazioni, anarchia del sé, processi psicoterapeutici e diverse manifestazioni del fuoco, in sette sfere infuocate, che si sono rivelate tutte amiche.

 

 

CREDITI: Lea Porsager, ATU XIV ‘ART’, 2020 / Installation view at FuturDome / ph.Atto Belloli Ardessi // Lea Porsager, ATU XIV ‘ART’, 2020 / Installation view at FuturDome / ph. Atto Belloli Ardessi // Lea Porsager, ATU XIV ‘ART’, 2020 / Installation view at FuturDome / ph. Atto Belloli Ardessi // Lea Porsager, ATU XIV ‘ART’, 2020 / Installation view at FuturDome / ph. Atto Belloli Ardessi // Anatta Experiment, Lebensform, 2012 / Installation view at Lea Porsager, ATU XIV ‘ART’, 2020 FuturDome / ph. Atto Belloli Ardessi // Anatta Experiment, Strukturmutter, Ova, 2012 / Installation view at Lea Porsager, ATU XIV ‘ART’, 2020 FuturDome / ph. Atto Belloli Ardessi // Anatta Experiment, The Egg, 2012 / Installation view at Lea Porsager, ATU XIV ‘ART’, 2020 FuturDome / ph. Atto Belloli Ardessi
 

 

Baci e abbracci. Chiara Gatti su Fabrizio Dusi al Museo Civico delle Cappuccine di Bagnacavallo

 

Abbracci si, abbracci no. Strette di mano coi guanti, colpetti di gomito, inchini, buffetti coi piedi e tanti cari saluti. Distanziati, naturalmente! Quanto è cambiato, con la pandemia, il nostro modo di relazionarci col prossimo? Il panorama della comunicazione contemporanea, già minato, ha incassato con i protocolli antivirus un colpo peggiore rispetto a ogni forma di dialogo mancato. Colpa del sovraffollamento di informazioni, dell'indigestione di immagini, dei social, dei gruppi che, avvicinando, allontanano.

Fabrizio Dusi – artista da sempre sensibile ai temi del colloquio, delle relazioni, del contatto e dell'incomunicabilità – sembra aver presagito problematiche che ora ci riguardano: storie di muri invisibili costruiti per isolarci, che frenano la vera socialità, il senso profondo di comprensione della vita dell'altro.

Mentre un cliché dell'arte negli ultimi mesi ha visto fiorire scene didascaliche dominate dalla presenza della mascherina, Dusi non ha rinunciato all'invenzione e alla poesia dei suoi personaggi, ha continuato a seminare parole nell'aria.

«Want to talk to the world?» è la scritta fluorescente che ci interroga sul nostro reale desiderio di rapportarci con gli altri. È una domanda assoluta e quanto mai presente. Vogliamo ancora parlare al mondo? Davanti a recinzioni, porti, frontiere, il messaggio di Dusi arriva dritto al cuore. Ci fa riflettere sui nostri pregiudizi e sulla nostra umanità. Lo fa senza retorica, accendendo i neon del nostro disappunto verso episodi di intolleranza e settarismo. In sottotraccia si legge un pensiero scottante sull'esclusione e il rifiuto che aleggiano anche in mezzo alla movida. Questo spiega l'uso delle coperte isotermiche nei suoi nuovi, grandi arazzi. Strumento di accoglienza, protezione e difesa dell'esule e del migrante, le coperte d'oro in poliestere diventano per Dusi dense di valenza e contenuto. Rimandano ai temi giganteschi dell'emergenza, del soccorso, dell'inclusione. Il cortocircuito fra la leggerezza del materiale e il pregio dell'oro allude al doppio aspetto del nostro tempo, zeppo di contraddizioni: il valore della vita è impalpabile, l'aiuto reciproco è raro ma costa poco.

Le parole luminose di Dusi sono brevi ma intense. E citano con garbo i versi di una poesia di Rosita Vicari (curiosamente attribuita a Neruda): «Insieme al mondo piangere, ridere, vivere». Scorrono come un monito, un auspicio, un desiderio. Quello di tornare ad abbracciarci davvero. A parole, coi pensieri, nei gesti, con rispetto, senza timore, nelle strade, sotto le coperte. Ma soprattutto, condividendo una libertà comune.

Blu come il cielo un altro neon illumina la notte delle coscienze. «Liberi» dice. Che non significa liberi tutti, ma liberi nel senso collettivo del termine, così come, lapidariamente, lo intendeva Benedetto Croce: «La libertà al singolare esiste soltanto nelle libertà al plurale».

 

 

CREDITI: Fabrizio Dusi. Insieme al mondo piangere, ridere, vivere / installation view della mostra al Museo Civico delle Cappuccine di Bagnacavallo (2020)
 

 

Si è sempre in pochi a essere maturi in un grappolo di uva ancora acerba, Teresa Antignani sulla Terra dei Fuochi

 

«Noi siamo degli acini maturi ma piccoli in un grappolo di uva puttanella».

 

È così che Rocco Scotellaro (1923-53) racconta la condizione dei contadini meridionali attori delle rivolte che hanno scosso l’Italia del dopoguerra e che mai riusciranno a far proprie le istituzioni: «l’autorità non potrà essere la nostra», era quello che scriveva nella sua lettera di dimissioni da sindaco di un piccolo paese lucano prima di andarsene e dedicarsi alla stesura del suo libro.

 

Ci sono terreni su cui non si deve ingaggiare battaglia.

 

Quando si tratta di far luce sulle questioni che attanagliano il Mezzogiorno d’Italia non si può non tener conto di una lunga tradizione di lotte, di “morti che camminano”, di emigranti e malaffare.

La mia attenzione per certi fenomeni sociali nasce molto presto ed è quella che mi ha spinto e stimolato nelle inchieste sociologiche dedicate alla mia terra (la Campania, ndr), nelle pratiche di politica dal basso, nella ricerca estetica.

Non è mia intenzione parlarvi troppo nello specifico dei potentati, della camorra, delle opere di interesse nazionale senza i pareri dell’ASL, della collusione dei Ministeri nello scempio ambientale, di cosa vuol dire esser donna nella sospensione della protesta, dei tumori del sangue che solo nella Terra dei Fuochi si sviluppano e dei glaucomi infantili. Vorrei però che teneste a mente anche solo questa breve successione di parole, in modo da intenderci meglio quando si parla di “contesto storico e sociale”, “protesta e stato di fatto”, quando si parla di “femminicidio e biocidio”, “personale e politico”.

La marginalità di certe realtà, in particolare di quelle predisposte ad assolvere il ruolo di immondezzaio nella società, ha il vantaggio di offrire una visione d’insieme a tratti dolorosamente illuminante e che mette spesso in risalto quei focolai di resistenza che altrove si credono illusoriamente individuali.

Ma alla stregua degli acini di Scotellaro, si è sempre in pochi a essere maturi in un grappolo di uva ancora acerba, come il divergente in un gruppo di “soggetti estremamente conformisti”.

 

Minoritari tra minoritari,

è uno dei fulcri possibili di quanto vorrei raccontarvi sulla coincidenza di teoria e prassi nell’arte.

 

Controra costituisce fattibilmente una sintesi contingente di questo discorso, ponendo le questioni della subalternità della vita contadina, dell’immobilismo sociale, della monnezza, dell’omertà, di tutto ciò da cui provengo e che detesto. Una narrazione che è al contempo un tentativo di riscatto dei luoghi che hanno abitato i miei occhi, delle processioni dei santi, della festa, trasformazione di ciò che è scarto, barocco e subordinazione del particolare.

Un attestato di esistenza effimero di quel tentativo di resistenza in tutto quanto c’è di femminile nell’utopia ragionevole di una Campania Felix possibile.

 

 

Il lavoro di Teresa Antigani è esposto nella mostra CONTRORA, prima personale dell'artista campana, visibile fino al fino al 15 ottobre 2020 presso la Galleria Lorenzo Vatalaro in piazza San Simpliciano a Milano.
 
 
Crediti: Teresa Antignani, Medea, impossibilità di accesso al vivere, 2020, polimatertico, cm.340x340 (particolare) / Teresa Antignani, Medea, impossibilità di accesso al vivere, 2020, polimatertico, cm.340x340 (particolare) / Teresa Antignani, Il personale è politico, azione civile a una manifestazione “No turbo gas”, Isernia, 2020.
 

VIDEO

 

Vuoto. Jacopo Benassi al Centro Pecci di Prato

 

Immagini di backstage, fotografie dell'artista e manifesti della campagna di affissioni in giro per Prato: in questo video vi diamo un assaggio della potenza espressiva della mostra Vuoto, a cura di Elena Magini, la prima dedicata al fotografo Jacopo Benassi in un museo italiano, che resta nelle sale del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato fino al prossimo 29 novembre.

La prima fotografia di Benassi è quella di un gruppo punk in un centro sociale, ma dalla fine degli anni Ottanta ritrae i soggetti più disparati, dall'umanità della cultura underground e musicale internazionale a modelle, attrici, artisti, stilisti, fino ad approdare all'indagine sul corpo, che varia dalla documentazione autobiografica di incontri sessuali, allo sguardo intenso sulla statuaria antica. Il suo stile, fatto di mancanza di profondità di campo e flash, dà vita a una fotografia cruda, vera anche nella totale mancanza di luce reale: un atto forzato, un evento creato dall'artista in cui lo scatto perfetto non esiste.

 

 
Crediti video: Jacopo Benassi. Vuoto | Shortcuts
 

 

Ricordo di un dolore: i MASBEDO per Ti Bergamo alla GAMeC

 

Ti Bergamo Una comunità – la mostra a cura di Valentina Gervasoni e Lorenzo Giusti visitabile fino al 14 febbraio 2021 alla GAMeC di Bergamo – non è una mostra su arte e Covid, ma una riflessione sul senso di comunità. Composta da opere d'arte e produzioni dal basso, immagini fotografiche, filmati, gesti e pensieri di autori diversi, la mostra restituisce il cortocircuito emotivo tra eventi drammatici e gesti di solidarietà generati dalla crisi pandemica e ci offre nuovi strumenti per immaginare il futuro.

Tra le opere, anche due video inediti dei MASBEDO, prodotti per la mostra da GAMeC e In Between Art Film e ispirati al capolavoro di Pellizza da Volpedo, Ricordo di un dolore (Ritratto di Santina Negri).
Nel primo video, intitolato anch'esso Ricordo di un dolore, di cui vi offriamo un estratto, l'ascesa silenziosa di un uomo sulla vetta della Presolana con la riproduzione del dipinto sulle spalle racconta la solitudine di un momento di dolore e la sua sublimazione, ma anche la comunione tra dolore individuale e collettivo; il documentario Condivisione di un ricordo racconta invece l'affissione di manifesti con la raffigurazione del dipinto realizzata in estate a Bergamo e in Val Seriana.

 

«Crediamo fortemente che il ruolo dell'arte sia in prima battuta un atto poetico di rivalsa, nei confronti dei soprusi e delle ingiustizie della vita – dicono Iacopo Bedogni e Nicolò Massazza (MASBEDO) – L'arte è un'arma di resistenza alle avversità».

 

 
Crediti video: MASBEDO. Ricordo di un dolore, 2020. Video audio installazione. Prodotto da GAMeC e In Between Art Film
Crediti immagine: MASBEDO. Ricordo di un dolore, 2020. Video audio installazione. Prodotto da GAMeC e In Between Art Film
 

EXTRA

 

Bodies Beyond Straight Composition... La Società degli Amici di Lorenza Böttner

Proiezioni di video e una lecture performance (live e in streaming) con Viktor Neumann, storico dell'arte e curatore, per presentare il lavoro di Lorenza Böttner, sabato 10 ottobre alle ore 16.00 alle OGR di Torino. Artista poliedrica – performer, fotografa, video maker, pittrice – Böttner, a lungo ignorata a causa della sua disabilità fisica, è stata recentemente riscoperta grazie ai testi e al lavoro di Paul B. Preciado, che la espone a documenta 14 (2017). La riflessione sull'intersezionalità, la performatività e l'accesso alla cultura nelle sue varie forme promosse dall'istituzione torinese, ne fanno la protagonista perfetta del ricco palinsesto di CONTINUUM il weekend di eventi ad accesso libero che le Officine Grandi Riparazioni offrono al loro pubblico in occasione del terzo anniversario della apertura.

 

Crediti: Lorenza Böttner, untitled, 1984 (c). Private collection, all rights reserved / Courtesy Society of Friends of Lorenza Böttner


 

Il Metodo Bruno Munari® nei laboratori della Fondazione Arnaldo Pomodoro

 

Un laboratorio per imparare come creare sculture leggere da portare con sé o da regalare, e uno per scoprire le bellezze e i doni del mare: domenica 11 ottobre due laboratori realizzati con il Metodo Bruno Munari®, a cura di Cristina Bortolozzo, offrono al pubblico della Fondazione Arnaldo Pomodoro un momento di attività, vicinanza e complicità. Alle ore 14.30 Sculture da viaggio, laboratorio aperto a tutti, insegna come realizzare alcune sculture di Bruno Munari in una dimensione ludica, senza la preoccupazione del giudizio. Alle ore 16.30, invece, con Forme in natura, laboratorio dedicato ai bambini dai 5 agli 11 anni, scopriamo i doni del mare, come sono fatti e come possiamo riprodurli.

 

Tutte le informazioni su https://fondazionearnaldopomodoro.it

 

Crediti: Sculture da viaggio Laboratorio Metodo Bruno Munari® Courtesy Fondazione Arnaldo Pomodoro / Forme in natura Laboratorio Metodo Bruno Munari® Courtesy Fondazione Arnaldo Pomodoro


 

Chi era Robert Breer?

 

Figlio di un ingegnere della Chrysler Corporation, Robert Breer (1926 – 2011) è uno dei primi studenti di Arte della Stanford University. Negli anni Cinquanta vive a Parigi, dove dipinge ispirato dalle geometrie di Mondrian ma affascinato dall'idea di uno "spazio elastico" e dal "movimento", la cui riproduzione e generazione sarà centrale nella sua ricerca pittorica e cinematografica. Cinema e pittura si intrecciano nella vulcanica produzione artistica di Breer, tra pre-cinematic objects – forme astratte e anti-narrative della sua ricerca pittorica e cinematografica che diventano sculture realizzate con Jean Tinguely (1925 - 1991) – e tentativi di dare fisicità al movimento perchè sia vissuto in tempo reale dallo spettatore, come accade nei suoi flipbook. In tutta la sua carriera Breer ha eluso ogni etichetta formale, stilistica e concettuale, espandendo la ricerca visiva ben oltre gli ambiti linguistici tradizionali.

Le sue opere sono in mostra fino al 5 giugno 2021 nella mostra Robert Breer. TIME OUT, a cura di Vincenzo de Bellis e Micola Brambilla, alla Fondazione Antonio Dalle Nogare di Bolzano.

 

Crediti: Robert Breer with 93 Variations, Bonino Gallery, New York, 1970, Photo Peter Moore. Courtesy GB Agency Paris

 


 

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