EDITORIALE

 

Amava indossare un secchio al posto del cappello, e una volta se ne fece uno con una torta di compleanno con le candeline accese. Usava anelli delle tende, barattoli di latta e cucchiai come gioielli, cipria gialla, rossetto nero e francobolli incollati sulle guance. Man Ray e Marcel Duchamp, di cui era innamorata senza essere ricambiata – Marcel, Marcel, I love you like Hell, Marcel –, la convinsero a realizzare il film d’artista, di cui restano pochi fotogrammi, La Baronessa si rade i peli pubici: nulla di strano per lei che si era già rasata i capelli, tinta la testa di rosso, andava in giro nuda avvolta in una coperta, realizzava performance improvvisate con abiti di lattine, e si divertiva a spaventare per strada le signore anziane con un pene finto. Una protopunk, una performer in anticipo di decenni. Vi starete chiedendo perché di lei, di cui Marcel Duchamp disse "è il futuro", e che la pioniera della fotografia Berenice Abbott definì "come Gesù Cristo e Shakespeare fusi in un tutt’uno", non avete mai saputo nulla.

Elsa Plötz poi Elsa Endell e infine la Baronessa Elsa von Freytag-Loringhoven (1874-1927), nota a tutti come la Baronessa dadaista, donna dalla vita a dir poco avventurosa, in continuo contrasto con regole sociali e di genere, è impossibile da relegare, come è stato fatto per molte donne, al ruolo di semplice musa. Sebbene lo sia stata per molti artisti del circolo dadaista newyorkese di inizio Novecento, cui apparteneva, lei, come scrive la sua amica, amante e biografa Djuna Barnes, "vestiva dada, amava dada, viveva dada": due anni prima che lo facesse Duchamp, realizza il ready made, Enduring Ornament (1913) un anello arrugginito trovato il giorno del suo terzo matrimonio, parte di una serie purtroppo molto limitata di sculture spiazzanti e geniali. Per fortuna Elsa scrisse molto; le sue poesie trattavano argomenti tabù come piacere femminile, orgasmo, sesso orale e anale, impotenza ed eiaculazione, e, solo 84 anni dopo la sua morte, sono state raccolte nell’antologia Body Sweats: The Uncensored Writings of Elsa von Freytag-Loringhoven (2011). Tra queste, e la cosa non stupisce, solo 31 vennero pubblicate durante la sua vita, una volta anche grazie a Ernest Hemingway.

Ora che la conoscete non potrete più farne a meno!

 

In questa centonovantatreesima edizione di TELESCOPE, la nostra newsletter settimanale dedicata alle istituzioni e ai progetti culturali di cui siamo portavoce, tra i RACCONTI trovate un contributo di Ilaria Piccioni, firma della rivista Segno, dedicato alla mostra in corso al Museo delle Civiltà di Roma Nomeda & Gediminas Urbonas: Villa Lituania; un racconto di Annarita Briganti, scrittrice, giornalista de La Repubblica e opinionista televisiva, sulla mostra Richard Zinon. IX in corso da Cadogan Gallery a Milano; e infine un testo di Francesca Orsi, giornalista e critica fotografica, sulla mostra Uno scenario mentale di Esther Stocker alla Fondazione Alberto Peruzzo di Padova.

Tra i VIDEO vi presentiamo un reel di Galleria Borghese dedicato a Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma, in cui la direttrice del museo Francesca Cappelletti introduce la mostra, e il servizio di Artbox – La7 dedicato alla mostra Car Crash. Piero Gilardi e l’arte povera in corso da PAV – Parco Arte Vivente di Torino.

Gli EXTRA comprendono, infine, la mostra BACKSTAGE. Mimmo Cattarinich e la magia del fotografo di scena al Museo Villa Bassi Rathgeb di Abano Terme (PD); il programma di quattro giornate della GAMeC di Bergamo dedicato al nuovo allestimento della collezione permanente, con visite, laboratori e percorsi accessibili; e la mostra Mapplethorpe Von Gloeden. Beauty and Desire al Museo Novecento di Firenze.

In questo numero torna anche un BONUS TRACK, con la ventisettesima puntata di Radio GAMeC 30 che racconta il 1995 con l'artista Luca Pozzi.

 

Buona domenica e buona lettura!

Lo staff di Lara Facco P&C

#TeamLara

 

Vi ricordiamo che l’archivio di tutte le edizioni di TELESCOPE è disponibile su www.larafacco.com

 

TELESCOPE. Racconti da lontano

Ideato e diretto da Lara Facco

Editoriale e testi a cura di Annalisa Inzana

Ricerca ed editing Camilla Capponi, Alberto Fabbiano, Martina Fornasaro, Andrea Gardenghi, Marianita Santarossa, Claudia Santrolli, Denise Solenghi, Alessandro Ulleri, Margherita Villani, Marta Zanichelli, con la collaborazione di Margherita Animelli, Michela Colombo, Nicolò Fiammetti, Agata Miserere.

 

domenica 4 febbraio 2024


RACCONTI

 

 

Villa Lituania | Nomeda & Gediminas Urbonas al Museo delle Civiltà di Roma, di Ilaria Piccioni

 

Se Karl Marx affermava che “la storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia la seconda come farsa”, le azioni belliche di quest’ultimo periodo fanno riflettere sul concetto di memoria e di identità, che la gerarchia dei poteri sembra ignorare. Con il progetto Villa Lituania di Nomeda & Gediminas Urbonas la storia viene ripresa per realizzare un contrappunto concettuale, dalla profonda valenza identitaria e politica, su conflitti e occupazione di territori. Il concetto di memoria è il fil rouge espresso in uno spazio e in un tempo neutri, articolato e pensato con diversi medium. Gli artisti lituani rielaborano per il Museo la ricerca che sedici anni prima realizzavano per il Padiglione della Lituania alla 52° Biennale Arte di Venezia. Un’occasione per fermare ancora una volta, metafore di conflitti che (ahinoi) sono attuali e drammaticamente riecheggiano gli eventi passati.

Come in una ricostruzione storica e soggettiva, Villa Lituania è evidentemente luogo di memoria, elemento simbolico di un popolo occupato, e anche racconto personale. Urbonas rimodulano il progetto con cui avevano ottenuto la Menzione d’Onore alla Biennale del 2007, per Roma, la città in cui si trova la Villa progettata nel 1912 da Pio e Marcello Piacentini. Villa Lituania, a via Nomentana, è stata sede dell’Ambasciata lituana dal 1937 al 1940 per poi essere confiscata dall’ex Unione Sovietica; attualmente ospita l’Ufficio Consolare dell’Ambasciata di Russia in Italia. Il duo di artisti aveva tentato più volte, senza riuscire, di insediare la colombaia, cuore del progetto, prima nel giardino della Villa e poi in prossimità dei cantieri de La Nuvola di Massimiliano Fuksas. All’epoca l’architetto (di origini lituane) stava realizzando il nuovo Centro Congressi dell’EUR e aveva accordato a Urbonas di posizionare lì la costruzione che avrebbe accolto i 1.200 piccioni di ritorno da Venezia. Il Museo delle Civiltà, con la mostra a cura di Matteo Lucchetti, dà finalmente spazio alla colombaia che ha le sembianze di Villa Lituania: nodo centrale dell’articolata installazione multimediale con filmati d’epoca che sostengono il tessuto narrativo e storico.

Sul tema dei piccioni viaggiatori molto si è scritto: è una particolare modalità di trasmissione di informazioni, sfruttata dall’uomo dall’epoca egizia alla guerra fredda, per cui luogo, punto in cui tornare e messaggio, sono elementi centrali. Lucchetti nel testo per la mostra scrive: “Il rapporto tra esseri umani e volatili è quindi in Villa Lituania una metafora di coesistenza pacifica, oltre che l’espressione di un diritto al ritorno alla propria casa di un popolo oppresso, incarnata dall’istinto primordiale che anima gli incredibili sforzi dei piccioni viaggiatori.”

Il progetto di Nomeda & Gediminas Urbonas, tramite l’osservazione di eventi nodali, l’analisi dei racconti di epoche e contesti vissuti, dà l’opportunità di riflettere su una “storia” che sembra ripetersi. Come un’azione diplomatica alternativa, Villa Lituania va ad alimentare il concetto di libertà e desiderio di affrancarsi, attraverso una sorta di manifesto visivo, dall’occupazione e dalla repressione.

 

Nomeda e Gedminas Urbonas: Villa Lituania, a cura di Matteo Lucchetti con la supervisione generale di Andrea Viliani, è in corso al Museo delle Civiltà di Roma fino al 4 febbraio 2024.

 

Crediti: Nomeda & Gediminas Urbonas: Villa Lituania, 2023. Installations view @ Museo delle Civiltà, Roma Ph. Cristina Crippa.


 

Dipingere l’energia. Richard Zinon da Cadogan Gallery, di Annarita Briganti

 

Lasciarsi trasportare dall’arte.

È il credo di Richard Zinon, che espone fino al 15 febbraio alla Cadogan Gallery di Milano, dialogando perfettamente con questo spazio, diventato un punto di riferimento in città per chi ama l’arte (raffinata).

La mostra, molto bella, s’intitola IX. “Il 9 nella numerologia è potente” spiega l’artista. “Rappresenta il completamento, ma non la fine definitiva. È il compimento di un ciclo, in modo che tu possa prepararti a iniziare quello successivo. È un'affermazione del flusso e riflusso costante della vita”.

Le opere in Galleria sono caratterizzate da toni caldi e da pennellate potenti, che lasciano segni sulle tele ed evocano quel movimento, anche interiore, tanto caro all’artista. Rappresentano l’energia che abbiamo dentro.

Viene in mente, facendo questo viaggio in IX, una dichiarazione di Zinon per una sua precedente esposizione: “Invito lo spettatore a lasciarsi assorbire, permettendo una riflessione interiore. La comprensione intuitiva deve venire prima della comprensione intellettuale. In questo senso, la prima scava più profondamente nel cuore della bellezza”.

Ricorda la pietra e la carta, i paesaggi, la biancheria, i documenti invecchiati e i cieli profondi. È un gioco tra solidità e ariosità. Una scarica di energia” dicono in Galleria.

Zinon – nato a Manchester nel 1985, formatosi a Firenze – considera l’arte una forma di meditazione, da eseguire con estrema precisione e con una mente aperta. Le sue pennellate devono colpire la tela, e lo spettatore.

La serie di questa personale, impeccabile dal punto di vista estetico, reinterpretazione in chiave super contemporanea dei maestri del secolo scorso, contiene anche un importante messaggio: vivi il momento presente, il qui e ora. Lo stesso approccio dell’artista quando crea.

Tra opere luminose e proposte più intense, le nostre preferite, se ne esce con una grande voglia di pace interiore o, almeno, come direbbe Richard Zinon, di vedere le cose più chiaramente.

 

IX di Richard Zinon è in corso da Cadogan Gallery a Milano fino al 15 febbraio 2024.

 

Crediti: Richard Zinon, IX, Installation view. Cadogan Gallery, 2023. Photo credits: Pietra Studio. Courtesy: Cadogan Gallery.


 

IMPERFETTO COSMICO, di Francesca Orsi

 

Quali sono i confini dello spazio, della percezione e come un artista può riflettere sulla nostra posizione rispetto ad essi, rispetto a logiche matematiche che cuciono, attorno a noi, la soglia della nostra realtà? L’artista Esther Stocker lavora proprio su questi temi di geometrie che si ripetono, che fanno barcollare lo sguardo, che disorientano per la loro vastità. Solita ad approfondire il discorso matematico, l’artista di Silandro, in provincia di Bolzano, è presentata dalla Fondazione Alberto Peruzzo nella sua mostra Uno scenario mentale, fino al 3 marzo 2024, presso la sede della Nuova Sant’Agnese a Padova, a cura di Riccardo Caldura.

Le opere di Stocker sono sempre state portatrici di elementi di sregolatezza geometrica, c’è sempre stato qualcosa nei suoi pattern matematici, nelle sue strutture così metodicamente e apparentemente ripetitive, che crea il disequilibrio, che genera la deviazione ottica, e quando l’occhio dello spettatore ne prende atto la sua caduta mentale e percettiva non tarda ad arrivare. Per questo motivo l’arte di Esther Stocker riconnette così sentitamente la dimensione percettiva a quella mentale.

Nel caso della mostra padovana tale scombussolamento ottico e cerebrale è esponenzialmente presente. In Uno scenario mentale ci si trova in un ambiente che rimanda all’esperienza spaziale, immersi in una sala animata, in parte, da opere pittoriche allestite a parete, fondali scuri in cui galleggiano costellazioni cubiche che fanno lievitare lo sguardo dello spettatore, in parte, sculture dalle sembianze di asteroidi galattici, di dimensioni varie, ricoperti da un manto di cubi regolari, gli stessi che, alle pareti, nel mare magnum dell’oscurità spaziale, danzavano, apparentemente, secondo il caos cosmico. Nelle installazioni accartocciate e nel moto apparentemente casuale delle costellazioni cubiche risiede l’elemento di disturbo, il componente che lo sguardo coglie come in disarmonia rispetto al resto, l’imperfezione di un sistema apparentemente perfetto. L’ordine delle cose è sovvertito da Esther Stocker per creare un nuovo codice, un nuovo linguaggio, che congiunga la percezione ottica con la dimensione mentale.

Le opere pittoriche e scultoree dell’artista italo-austriaca esposte nella navata dell’ex Chiesa di Sant’Agnese vengono, inoltre, messe in dialogo con alcune opere appartenenti alla tradizione astratta, cinetica e optical degli anni Sessanta, esposte, invece, negli spazi della sacrestia. Le opere di Josef Albers, Alberto Biasi, Dadamaino, Fernand Léger, Paolo Scheggi, parti importanti della collezione della Fondazione Alberto Peruzzo, contestualizzano, così, il lavoro di Esther Stocker, rendendo manifesto il contesto e l’insegnamento da cui l’artista proviene.

 

Esther Stocker. UNO SCENARIO MENTALE, a cura di Riccardo Caldura, è in corso alla Fondazione Alberto Peruzzo fino al 3 marzo 2024.

 

Crediti: Esther Stocker, Fondazione Peruzzo, ph Ugo Carmeni, 2023 | Orditi della razionalità, Fondazione Peruzzo, ph Ugo Carmeni, 2023.


VIDEO

 

Lo sguardo di Rubens sull'antico

 

In questo video Francesca Cappelletti, Direttrice della Galleria Borghese e curatrice con Lucia Simonato della mostra Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma, racconta brevemente l'esposizione in corso fino al 18 febbraio, che fa parte del grande progetto Rubens! La nascita di una pittura europea, nato dalla collaborazione con Fondazione Palazzo Te e Palazzo Ducale di Mantova. Come il protagonista del mito greco che riuscì, pregando gli dèi, a far vivere la statua di cui si era innamorato, anche Rubens fu capace di infondere nuova vita nel marmo, e di portare, grazie al suo tratto potente, incisivo, creativo, vita nei suoi modelli. "Rubens è Pigmalione per noi", dice Francesca Cappelletti, che sottolinea anche come lo studio della classicità, fatto nel corso del suo viaggio in Italia dal 1600 al 1608, sarà decisivo nell'evoluzione del suo stile e per lo sviluppo di quella interpretazione naturalistica che troveremo in tutta la sua pittura successiva.

 

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Crediti immagine: Installation view. Galleria Borghese. Ph A. Novelli © Galleria Borghese.


Un testimone del suo tempo

 

In questo servizio di 3D per il programma Artbox su La7, il curatore Marco Scotini ed Enrico Carlo Bonante, direttore del PAV Parco Arte Vivente di Torino, raccontano Piero Gilardi in occasione della mostra CAR CRASH. Piero Gilardi e l'Arte Povera, che a un anno dalla scomparsa lo ricorda nel centro da lui fondato nel 2008.

La mostra, che prende spunto da un allestimento mai realizzato per il Piper, storica discoteca e centro culturale di Torino (1967 – 1969), vuole restituire il senso profondo del rapporto tra l'artista e i movimenti artistici radicali di quegli anni, tra cui anche l'Arte Povera. È proprio al Piper che Gilardi espone per la prima volta quei Tappeti Natura che lo renderanno famoso, e che sono l'inizio della produzione di quell'arte da lui definita "abitabile" – come il Sedilsasso prodotto da Gufram ed esposto al MoMA nel 1972 – che caratterizza la sua produzione di quegli anni. L'arte sarà tuttavia per Gilardi solo parte di un'attività tesa all'impegno politico e alla critica sociale che, dagli anni Settanta sarà preponderante. Gilardi è stato un testimone fondamentale del suo tempo e oggi il PAV ne raccoglie l'eredità materiale e spirituale.

 

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Crediti immagine: Car Crash. Piero Gilardi e l’arte povera. Installation view of the exhibition at PAV – Parco Arte Vivente, 2023. Ph. Leo Gilardi. Courtesy PAV - Parco Arte Vivente, Torino. Crediti Video: Car Crash. Piero Gilardi e l’arte povera. PAV - Parco Arte Vivente, Torino, 2023. Produzione 3D produzioni. Courtesy PAV - Parco Arte Vivente, Torino.


EXTRA

 

Oltre la finzione

 

Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini, Bernardo Bertolucci, Anthony Quinn, Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Capucine, Catherine Deneuve, Roberto Benigni, Claudia Cardinale, Maria Callas ma anche Giuseppe Tornatore, Pedro Almodovar, Antonio Banderas, Javier Bardem, Isabelle Huppert, Rupert Everett, Rutger Hauer, Carlo Verdone, Monica Bellucci, Natalie Portman, Penelope Cruz e molti, molti altri.

Dal 9 febbraio al 16 giugno 2024 il Museo Villa Bassi Rathgeb di Abano Terme (PD) ospita la mostra BACKSTAGE. Mimmo Cattarinich e la magia del fotografo di scena, a cura di Dominique Lora.

Più di 100 fotografie provenienti dall'archivio dell'Associazione culturale Mimmo Cattarinich di Roma: un racconto della storia del cinema italiano e internazionale dagli anni Sessanta ai giorni nostri attraverso lo sguardo di uno dei più sensibili fotografi di scena, capace di smascherare la finzione cinematografica, rivelando il reale dietro le quinte, il ritratto dell'attore oltre la scena, il rapporto tra Cinema e Arte.

 


Una galleria, tante collezioni

 

Dal 10 febbraio 2024 la GAMeC invita il pubblico a riscoprire il patrimonio d'arte moderna e contemporanea della Città di Bergamo attraverso i nuclei principali delle proprie Collezioni. Oltre 150 opere tra dipinti, sculture, disegni, incisioni, installazioni e video realizzati da autori quali Giacomo Balla, Chiara Bersani, Alberto Burri, Christo, Giorgio de Chirico, Latifa Echakhch, Lucio Fontana, Daiga Grantina, Hans Hartung, Wassily Kandinsky, Giacomo Manzù, Giorgio Morandi, Berthe Morisot, Regina, Auguste Rodin, Tomás Saraceno, Emilio Vedova, Andy Warhol (per citarne solo alcuni), espressione non solo del Novecento italiano e internazionale ma anche dell'arte contemporanea più recente. In occasione dell'apertura, dal 10 al 13 febbraio la GAMeC propone un programma speciale dedicato a tutti i pubblici, con attività gratuite: quattro giornate all'insegna della creatività e della partecipazione tra visite, laboratori e percorsi accessibili, con apertura straordinaria dalle 10.00 alle 19.00.

Scopri le attività!


Arte, morale e spiritualità

 

Un confronto inedito tra gli scatti di Wilhelm von Gloeden (1856 –1931), Robert Mapplethorpe (1946 –1989) e alcune immagini dei Fratelli Alinari: è la mostra Mapplethorpe Von Gloeden. Beauty and Desire, a cura di Sergio Risaliti con Muriel Prandato e Eva Francioli, che fino al 14 febbraio occupa le sale al primo e al secondo piano del Museo Novecento di Firenze. Un raffronto evocativo, volto a rivelare temi comuni che attraversano il tempo, giungendo a noi come spunti di riflessione sull'attualità e su come arte, morale e spiritualità si evolvano in reciproca relazione. A quarant'anni di distanza dall'esposizione al Palazzo delle Cento Finestre che fece conoscere l'opera di Mapplethorpe a Firenze, la mostra evidenzia il rapporto del fotografo statunitense con la classicità e il suo approccio scultoreo al mezzo fotografico. Particolarmente suggestive sono, in tal senso, le affinità con l'opera del barone Wilhelm von Gloeden, di cui Mapplethorpe è stato anche appassionato collezionista. Tra i pionieri della staged photography, von Gloeden celebra, nelle sue immagini, un passato ideale, inesauribile fonte di soggetti e suggestioni: un segno stilistico unico, che costituisce uno stimolante riferimento per Mapplethorpe e lo rende ancora oggi un'icona.

 

Crediti immagine: Beauty and Desire, Installation view, Ph. Michele Alberto Sereni, courtesy Museo Novecento Firenze, The Robert Mapplethorpe Foundation New York, Archivi Alinari -Archivio von Gloeden Firenze.


BONUS TRACK

 

RADIO GAMeC 30 #27

 

Nel 1995 Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Olanda, Spagna e Portogallo aderiscono all'Accordo di Schengen, andando a comporre il primo nucleo di quella zona di libera circolazione di merci e persone che oggi comprende 23 Stati su 27 dell'Unione Europea. Nel frattempo, la dissoluzione dell'Unione Sovietica porta a conflitti sanguinosi come quello in Cecenia, e in Bosnia Herzegovina si consuma il massacro di Srebrenica – culmine di una guerra civile che si concluderà quello stesso anno con gli accordi di Dayton. In Medio Oriente l'assassinio del primo ministro israeliano Yitzhak Rabin allontana la possibilità di costruire una pace tra Israele e Palestina, quella pace che ancora oggi resta un miraggio. In estremo Oriente, al futuro Premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi viene reso sempre più difficile partecipare all'attività politica nel suo Paese, il Myanmar, mentre Tokyo affronta il più serio attacco terroristico dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, con la dispersione di gas nervino in alcune delle stazioni più affollate della metropolitana ad opera di un fondamentalista religioso. Anche negli Stati Uniti il terrorismo interno farà molte vittime con l'attentato di Oklahoma City, nel quale un veterano della Guerra del Golfo uccide 168 persone. Ma se dal punto di vista politico il 1995 è un anno di incertezza, dal punto di vista tecnologico sarà un assoluto spartiacque, con il lancio di Windows 95, uno dei sistemi operativi più user friendly di sempre, la commercializzazione della prima PlayStation, la nascita di Ebay e lo sviluppo di Yahoo!. Sarà anche l'anno in cui, grazie all'impresa dell'astronauta russo Valeri Vladimirovich Polyakov, rimasto in orbita per 437 giorni, diventa concreta la possibilità per l'uomo di partire alla conquista del Pianeta Rosso. Ed è proprio la fascinazione per il cosmo uno dei punti fermi della poetica di Luca Pozzi, artista protagonista di questa puntata di Radio GAMeC 30.

 

 

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